INDITEX ITALIA

LA DIVERSITY AND INCLUSION COME OCCASIONE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO

Perché oggi le organizzazioni dovrebbero diventare più inclusive? È solo una questione di marketing e di reputation? È la risposta reattiva alle crescenti attese di stakeholder sempre più esigenti dal punto di vista etico? O, ancora, è pura compliance?

Non mancano le aziende che stanno provando ad interpretare in senso più ampio questo orientamento sulla base di esperienze pilota che stanno confermando i molteplici benefici interni alle organizzazioni derivanti dalle policy inclusive. Progetti sociali e di inclusione si rivelano opportunità formative preziose, palestre in cui allenare nuove mentalità e nuovi comportamenti maggiormente funzionali a modelli organizzativi aperti, porosi, flessibili, dialogici. 

PROFILO DELL’AZIENDA

ITX ITALIA (FILIALE ITALIANA GRUPPO INDITEX)

IN DIALOGO CON

FOCUS DELL’INTERVISTA INNOVAZIONE DI POLICY

Diversity and Inclusion

IN DIALOGO CON L’IMPRESA – INDITEX ITALIA

Superare una visione ristretta dell’azienda

Gianni Di Falco

Il progetto ALL IN è una azione di una più ampia politica di inclusività avviata dall’azienda e si focalizza su un aspetto della fragilità: la disabilità intellettiva.

L’iniziativa non si propone solo un obiettivo sociale, tradizionalmente inteso. Oggi, alla luce dell’esperienza avviata, sono sempre più convinto che le aziende sono comunità inserite in comunità più grandi. 

I diversi stakeholder si stanno sempre più consapevolizzando a questo proposito. Gli stakeholder interni – azionisti e dipendenti – lo vivono come una necessità solidale: capiamo di essere dentro una comunità e che è giusto assumerci una certa responsabilità nel cercare di incidere positivamente su questa comunità e sulla collettività.  Gli stakeholder esterni – parliamo di clienti, ma anche delle istituzioni – lo vivono come una aspettativa: in quanto membri delle nostre comunità ci aspettiamo che voi azienda siate un valore positivo, e non semplicemente un elemento, non solo non dannoso, ma neppure neutro.  

Le persone vogliono identificarsi con organizzazioni che hanno determinati valori

Gianni Di Falco

Questo è un dato! In passato anch’io ho lanciato iniziative più per il pubblico esterno, quasi fosse una sorta di marketing sociale, per tenere alto il livello di reputation conquistato nel tempo dall’azienda. Oggi questa è diventata anche un’aspettativa interna, tanto dell’azionista quanto del dipendente. Il primo per un senso di imprenditorialità etica. Il secondo per un sentimento di orgoglio. Per questo sempre più aziende si stanno orientando per incidere in modo positivo nei confronti della comunità, ad esempio attraverso progetti sociali legati alle fragilità delle persone. 

Anche in Inditex Italia questa iniziativa è stata avviata come progetto sociale.  Poi la visione è cambiata.

Non è più solo una questione etica, ma un’opportunità di sviluppo organizzativo

Gianni Di Falco

Intanto, il progetto sull’inclusione si è inserito coerentemente con altre nostre politiche HR. In particolare, mi riferisco ad un significativo cambio di leadership nella nostra organizzazione. Stiamo superando l’idea di leadership più classica, sull’archetipo del guerriero, dove c’è l’importanza del carisma, della logica, del decisionismo per compensarla con quelle caratteristiche che io per un periodo ho definito “leadership al femminile”.  Più che procedere nella logica delle quote rosa, secondo me era importante evidenziare che oggi il genere femminile ha un vantaggio competitivo rispetto al maschile. Non è solo una questione etica, ma di opportunità. È importante dal punto di vista organizzativo declinare maggiormente la leadership al femminile. E questo significa valorizzare caratteristiche come la capacità di accudimento, di cura. Qui mi sono attirato le antipatie delle femministe, oltre che dei maschi perché sembrava che volessi discriminarli. Così ho iniziato ad utilizzare il termine “leadership inclusiva”. Ma l’idea è la stessa. 

Il leader deve sapersi mettere nei panni di chi guida

Gianni Di Falco

Quello che stiamo facendo a livello aziendale è enfatizzare alcune skill che dovrebbero essere sempre più valorizzate. Penso all’empatia verso le persone, approccio che si lega molto al concetto di Diversity & Inclusion. Per me l’empatia è anche organizzativa: il leader deve sapersi mettersi nei panni di chi gestisce anche dal punto di vista organizzativo, mentre spesso questo non viene fatto. Piuttosto, viene pensata una organizzazione efficiente, da performance, dove le persone devono ad adattarsi alle organizzazioni, o, ancora più frequentemente, si scelgono quelle persone che meglio si adattano all’organizzazione. 

Questo è quello che il mio amico Marco Ottocento della cooperativa Valemour1 Si rimanda all’esperienza di Fondazione Più di un Sogno www.piudiunsogno.org e di Valemour www.valemour.it Marco Ottocento, tra i fondatori di Più di un sogno, è un imprenditore e imprenditore sociale. Ha ricevuto l’onorificenza al Merito della Repubblica Italiana. https://piudiunsogno.org/mattarella-premia-marco-ottocento-per-la-solidarieta/ mi ha insegnato. Nei fatti è la ricerca dello scarto. Eliminare chi non è all’altezza degli standards organizzativi. Ma questo approccio non valorizza nemmeno le caratteristiche delle persone e non consente di mantenere le persone ingaggiate all’interno dell’organizzazione! 

Oltre al fatto che diventa un problema rispetto ai carichi di lavoro, allo stress.  Se tu leader non ti metti nei panni di chi guidi, non potrai mai capire che effetti la tua richiesta avrà nei loro confronti. 

Le caratteristiche della nuova leadership

Gianni Di Falco

Se tu vuoi capire, devi permettere alle persone di esprimersi, ma devi ascoltare veramente.

Altra caratteristica importante è la comunicazione efficace, intesa come capacità di arrivare realmente a tutti, che serve per spiegare e non per impartire ordini. 

Oggi le persone non accettano più di fare cose che non capiscono. Questo significa che non solo è importante fare scelte sagge, ma anche saperle spiegare. 

In fine la gentilezza: le organizzazioni più maciste la trovano più stonata, ma gentilezza vuol dire capacità di creare ambienti di lavoro positivi, dove le persone si trovano bene. Significa avere un senso del rispetto più evoluto, perché le parole contano e vengono recepite in modo diverso rispetto al passato, per cui il linguaggio va dosato secondo le nuove sensibilità che stanno emergendo. Ha anche a che fare con la capacità di criticare o rimproverare con un approccio diverso, con la sensibilità di chi ti sta davanti.

Inserire e gestire disabilità intellettive in azienda: un banco di apprendimento eccezionale 

Gianni Di Falco

Noi siamo un’azienda che nasce da sarti. L’imparare facendo è nel nostro DNA! 

Credo che questi atteggiamenti di cui parlavo si possano apprendere creando momenti ad hoc di sperimentazione pensati e organizzati. Una proposta che abbia un design finalizzato a sviluppare queste caratteristiche. E qui vengo al nostro progetto di inclusione. 

Io mi sono accorto che inserire e gestire disabilità intellettive in azienda costituiva un banco di apprendimento eccezionale per sviluppare queste caratteristiche. L’inserimento di persone fragili è diventato uno dei mei “oggetti” finalizzati alla formazione delle persone: io utilizzo il design d’apprendimento come strumento della leadership.

La politica di D&I come occasione di sviluppo dell’azienda 

Gianni Di Falco

Non si tratta però solo di avviare buoni progetti, ma di avere una politica di inclusione o di gestione delle diversità come decisione che riguarda lo sviluppo aziendale. 

Vi faccio un esempio. Una politica di gestione della Diversity è la parità di genere. Sono circa 6/7 anni che siamo certificati GEEIS2https://arborus.org/en/label/. In questo caso, la pratica nasce da un bisogno oggettivo: l’80% della popolazione di Inditex Italia e il 70% dei nostri manager sono donne. Avendo come nostro caposaldo la crescita interna, noi difficilmente ci approvvigioniamo dal mercato esterno per avere ruoli di responsabilità all’interno dei negozi, ma anche di area manager o gestione del business. Avendo un bacino fatto dall’80% circa di donne, è quasi naturale pescare internamente. Ritornando alla pratica, non l’abbiamo intrapresa perché eravamo illuminati, ma perché la nostra popolazione era fondamentalmente femminile. 

Abbiamo capito che la conciliazione era anche un “nostro” problema

Gianni Di Falco

Uno dei punti importanti nelle differenze di genere sono le pari opportunità: da noi non è mai stato un vero problema in quanto non guardiamo i titoli di studio, esperienze lavorative particolari, elementi oggettivi che possono discriminare l’entrata delle persone in azienda. Questo è un altro caposaldo della nostra organizzazione. Il nostro AD ha iniziato come responsabile di reparto del negozio di Ravenna, mentre il direttore commerciale come magazziniere a 16 ore nel magazzino di Monza. Questo per dire che in Inditex, se sei capace, non ci sono limiti alle tue capacità. 

Questo cosa portava in passato? Va bene, non ci sono barriere, ma di contro non ci preoccupiamo delle tue difficoltà. Da noi non c’è differenza uomo/donna o età, però non è neppure un mio problema come tu poi riesci a conciliare la vita personale con quella lavorativa. Questo era il patto non scritto dentro l’organizzazione. 

Poi nel tempo, la quota delle donne è arrivata al 70%, le persone crescevano in età e aumentava il numero dei genitori anche tra i manager (oggi il 50% della popolazione manageriale è genitore). Sappiamo bene che la società sia dal punto di vista culturale che oggettivo chiede un sacrificio maggiore alle donne nella gestione della famiglia rispetto ai maschi. Nel tempo, determinate tematiche sono venute alla ribalta in azienda e il concetto “ il problema è tuo” ha incominciato a vacillare. Abbiamo capito che la conciliazione era anche “nostro” problema.

Un cambiamento di prospettiva radicale 

Gianni Di Falco

Erano evidenti i rischi per l’azienda. Ci siamo chiesti: “Non è che si ritorna indietro? Avremo ancora persone performanti come prima? Ma se non agiamo il rischio è che se ne vadano…

Noi siamo un’azienda commerciale, dove è importante la parte variabile della retribuzione. Se non sei presente al lavoro, questa viene meno. Analizzando la questione in una prospettiva pluriennale, abbiamo verificato che si produceva una discriminazione involontaria: il reddito complessivo di una donna che diventava mamma risultava penalizzato rispetto a quello di un uomo. A questo punto abbiamo trovato una serie di accorgimenti per impedire questo gap e introdotto iniziative di supporto alla maternità. Forse non si arriverà mai a una totale equiparazione, ma abbiamo fatto miglioramenti concreti che ci sono stati riconosciuti. 

Diventare genitore è un’esperienza di apprendimento: porta a sviluppare caratteristiche che funzionano anche a livello organizzativo. Per me salvaguardare e perfino favorire nei ruoli di gestione anche la genitorialità diventa un’azione di leadership. Non lo facciamo solo per eticità, o per giustizia, perché i dipendenti e la società lo richiedono, ma perché io lo trovo particolarmente indicato dal punto di vista organizzativo.

Allenarsi alla diversità

Gianni Di Falco

Stiamo cercando di sviluppare il mix tra D&I e progetti sociali. Da molti anni proponiamo “SALTA”, un progetto di inclusione di diverse fragilità che nel tempo si è evoluto più specificatamente verso la povertà estrema, spesso legata alla condizione di persone rifugiate. Abbiamo poi progetti D&I mirati a situazioni particolari, sia nell’ambito delle persone che hanno problemi con la giustizia, sia al tema transgender.

 Il tema è allenare alla diversità.

Il progetto SALTA: benefici sociali e sviluppo organizzativo

A livello italiano, nella nostra azienda gli stranieri sono solo il 3%. Diversamente da Roma e Milano, in provincia e ancor più al Sud, il personale ha una matrice fortemente locale. 

Nel progetto SALTA, in una prima fase, ai nostri dipendenti vengono proposti momenti formativi per apprendere come preparare le nuove persone che entreranno nella nostra organizzazione. Qui partecipano responsabili di negozio e HR manager. Per ogni inserimento di personale vengono poi scelti 1 o 2 tutor che hanno, da un lato, la responsabilità di accompagnare i nuovi ad integrarsi, dall’altro, di fare da mediatori culturali tra la persona e il resto del team.

SALTA lo abbiamo utilizzato moltissimo quale dispositivo per portare maggiore apertura mentale e culturale, a ragionare in modo più aperto, soprattutto dove l’ambiente è più chiuso.

Il confronto con persone con una diversità culturale spinta, come nel caso di rifugiato, non è semplice, ma avere questo tipo di scambi riduce il timore nei confronti di chi è lontano da quella comunità. Questo è sviluppo organizzativo. 

In uno scenario di incertezza, spingere sul fattore umano diventa cruciale

Gianni Di Falco

Una cosa chiara alle aziende è che non si sa quale sarà il futuro. Quali esigenze avremo? Quali caratteristiche dovremo acquisire? Chi afferma di sapere cosa ci chiederà il domani sta millantando. È impossibile fare previsioni certe. Credo che oggi occorra essere molto contestuali e reattivi, in una logica biennale. Ha molto più valore oggi avere organizzazioni che si adattano alla novità emergente, che potrebbe durare due anni, e poi cambiare nuovamente. Spingere maggiormente sul fattore umano rispetto a quello organizzativo sarà il trade off cruciale. Lo ritengo una necessità non negoziabile, perché le organizzazioni dovranno essere molto più smart, più fluide, perfino meno precise. Probabilmente il punto sarà nel saper improvvisare di più. Rendere maggiormente protagonista chi è dentro l’organizzazione rispetto all’organizzazione stessa. 

Dall’orchestra sinfonica alla jazz band

Gianni Di Falco

Propongo un passaggio metaforico alle organizzazioni: passare dal pensarsi orchestra sinfonica all’essere una jazz band. Questo potrebbe significare avere delle linee guida di principi e visioni molto forti – i cosiddetti spartiti – per poi lasciare alla fluidità dell’organizzazione e alla capacità delle persone la loro contestualizzazione. 

Questo significa che le persone non solo devono saper fare, ma apprendere e disapprendere con facilità. L’apprendimento deve essere organizzativo: l’apertura mentale, l’ingegno, il mettersi in discussione, uscire dal confort zone assumono un valore maggiore rispetto al saper fare.

Per questo tutto ciò che può portare ad un allenamento di queste caratteristiche, per me diventa importante. Oggi vivo le mie politiche di D&I con questo tipo di finalità. Anche se devo dire la verità, è molto mio più che dell’organizzazione in cui lavoro e sto cercando di piano piano di renderla più jazz.

Cosa ha generato questa policy nell’organizzazione?

Gianni Di Falco

Detto che, ad oggi, qualsiasi progetto sociale o di inclusione è stato sempre molto ben accolto a livello di partecipazione, nonostante la fatica e qualche volta perfino la frustrazione per qualche insuccesso, cosa vediamo? 

Nell’immediato, è tangibile un allenamento della generosità e dell’altruismo, che sono un tratto valoriale delle persone all’interno di questa organizzazione. 

Poi, questi processi ci hanno permesso di alzare anche il livello di orgoglio per l’azienda. Noi siamo come una “tribù” – anche se ormai siamo 10.000 dipendenti in Italia – perché manteniamo una mentalità e l’anima di un’azienda “artigianale” all’interno di una grande azienda multinazionale. Questo significa mantenere la considerazione per la piccola scala; disporre di risorse umane territoriali che gestiscono e si prendono cura di gruppi relativamente ridotti di collaboratori che consente di mantenere il senso di essere “comunità dentro comunità”. Questo porta, ad esempio, ad avere sempre un interlocutore di prossimità con il quale potersi interfacciare nel caso di problemi, di ansie. 

Tutto ciò rende questa azienda come dicevo un po’ “tribù”. Non è un caso se abbiamo un tasso di turn over molto basso in un settore molto duro. Questi progetti rinforzano il senso di orgoglio e di appartenenza.

Dalla soddisfazione all’utilità

Rispetto allo sviluppo organizzativo, l’intenzione è riuscire a rispondere ad alcune domande meno scontate: quanto questo processo ha davvero aiutato a migliorare la nostra leadership inclusiva? O quali caratteri della stessa ha potenziato? 

È questo che inizieremo a misurare, uscendo dalle logiche del ROI e del marketing.

L’obiettivo non è solo avere dipendenti soddisfatti dei servizi che gli stiamo dando, ma che questi servizi siano realmente utili per loro e per gli obiettivi organizzativi che ci stiamo ponendo come, per esempio, nella capacità di modificare i loro comportamenti.